La vita monastica oggi
Estratto del Bollettino dell’AIM. • 2024 - No 126
Riepilogo
Editoriale
Dom J.-P. Longeat, OSB,
Presidente dell'AIM
Lectio divina
Articolo non tradotto in italiano.
Prospettive
• La vita monastica oggi, risposte al questionario dell'AIM
• Qualche elemento di sintesi delle risposte al questionario dell'AIM
Équipe internazionale dell'AIM
Notizia
Articolo non tradotto in italiano.
Riflessioni
Un tentativo per una visione condivisa
Dom Jeremy Driscoll, OSB
Testimonianza
Vivere in una comunità monastica multiculturale
Dom Paul Mark Schwan, OCSO
Arte e liturgia
Articolo non tradotto in italiano.
Grandi figure della vita monastica
Articolo non tradotto in italiano.
In memoria
Madre Lazare de Seilhac (1928-2023)
Suore Benedettine di Saint-Thierry
Editoriale
In seguito alla pubblicazione dello «Specchio della vita monastica oggi» e del «Sogno monastico», l’équipe internazionale dell’AIM ha deciso di lanciare una grande consultazione rivolta a un certo numero di responsabili di realtà monastiche per raccogliere quelli che sono gli ambiti principali di preoccupazione nella situazione attuale, come pure l’aiuto che si aspettano in merito da parte dell’AIM unitamente a qualche esempio significativo di recenti realizzazioni pratiche.
Tra le persone consultate alcuni sono rimasti sorpresi dal questionario proposto dall’AIM. Infatti, l’organismo viene spesso percepito semplicemente come una fonte di finanziamenti per dei progetti presentati dalle giovani comunità d’Africa, Asia, America Latina, Oceania ed Europa dell’Est. Ma vale la pena ricordare in questa sede che l’AIM, secondo gli statuti approvati dal Congresso degli abati benedettini del 2004, ha come missione anche quella di portare avanti una riflessione sul senso della vita monastica per evidenziarne l’originalità nelle diverse culture (art. 6). Per questo l’AIM cerca sempre di stimolare la consapevolezza di quelli che sono i valori del monachesimo prima di tutto nelle comunità come pure nella Chiesa e nella società (art. 7).
In tal senso si è potuto affermare che talora l’AIM è una sorta di osservatorio che segue l’evoluzione della vita monastica nel mondo così da poter far circolare quelle che sono le questioni che si pongono e le sfide principali. Bisogna inoltre sottolineare che l’AIM è, assieme al DIM (Dialogo interreligioso monastico), l’unico ambito in cui i tre Ordini che seguono la Regola di san Benedetto, sia a livello maschile che femminile, lavorano insieme. L’AIM opera per questo in stretto legame con le associazioni monastiche del mondo intero: questo permette di avere una comprensione particolarmente preziosa di ciò che viene vissuto nelle varie parti del mondo così da mettere in luce i diversi modi con cui, attualmente, si declinano le varie realtà di vita monastica.
Sono queste le ragioni per cui l’AIM è investita, sempre di più, di una missione profetica che, lungi dal mettersi in concorrenza con il ruolo proprio degli Ordini e delle Congregazioni, non fa altro che cercare di aiutarle in maniera complementare al fine di rispondere al meglio all’appello di Cristo nella vita monastica.
Dom Jean-Pierre Longeat, OSB
Presidente dell'AIM
Articoli
“Va’, vendi quello che hai…” (Mt 19,21ss)
1
Lectio divina
Dom Jean-Pierre Longeat, OSB
Presidente dell'AIM
“Vai, vendi tutto quello che hai,
dallo ai poveri e poi vieni e seguimi. »
(Mt 19,21ss)
Articolo non tradotto in italiano. Vedere le traduzioni in altre lingue.
Risposte al questionario dell'AIM
2
Prospettive
Équipe internazionale dell’AIM
La vita monastica oggi,
risposte al questionario AIM
Ecco le risposte pervenute al questionario AIM sulla vita monastica oggi, seguite da una breve sintesi.
Madre Marie-Thérèse Dupagne, presidente della Congregazione della Resurrezione
Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
Pensiamo che una delle nostre principali preoccupazioni sia quella di contribuire a una migliore comprensione della convivenza in Europa, prendendoci cura gli uni degli altri, sostenendoci a vicenda, plasmando alcuni aspetti della nostra vita insieme e imparando gli uni dagli altri. Vogliamo capire in che modo la storia ha plasmato le comunità nei loro Paesi, che cosa particolarmente le anima, in cosa si impegnano. In questo modo allarghiamo i nostri orizzonti verso una maggiore unità.
Quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
Le nostre priorità sono vivere l’ideale monastico nel mondo di oggi e testimoniare così a tutti la nostra speranza. Vogliamo fare questo:
– come donne di oggi,
– nella Chiesa di oggi, in una prospettiva sinodale,
– nelle nostre comunità così come sono oggi: comunità piccole,
– nel mondo di oggi: è una realtà nuova che si evolve molto rapidamente (punti di vista politici, sociali; crescente insicurezza – con la guerra in Europa, ecc.), davanti alla crisi migratoria e alla crisi climatica,
– con l’appello alla solidarietà.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
Forse sarebbe possibile un sostegno per certi progetti, come pure per la formazione (ad esempio: sappiamo che a Roma c’è una buona formazione alla leadership, ma è soprattutto una formazione manageriale). Per quanto ci riguarda, abbiamo bisogno di sostegno per le superiore nelle nostre comunità: è un contesto diverso rispetto a quello di Africa, Asia, ecc. Le superiore devono occuparsi di comunità piccole, il più delle volte con molte suore anziane, e cercare nuove fonti di reddito. Alcune hanno sottolineato la necessità di incontri di formazione alla vita monastica, di studi teologici, ma anche di competenze professionali (per organizzare queste formazioni, o accompagnarle). Alcune segnalano la necessità di formarsi alla comunicazione, a costruire comunità in un contesto diverso rispetto al passato, a costruire relazioni…
L’AIM potrebbe anche organizzare una piattaforma di condivisione sull’accoglienza dei migranti nelle nostre case per gli ospiti.
In questo mondo in cui i migranti non sono i benvenuti, il nuovo significato della A di AIM (Alleanza e non più Aiuto, anche se l’aiuto è naturalmente uno degli obiettivi dell’AIM) assume una nuova attualità: una delle missioni dell’AIM potrebbe essere quella di creare ponti tra le comunità del Nord e del Sud... Sarebbe bene organizzare scambi tra comunità? Noi cominciamo già a sentire quanto sia bello che alcune sorelle delle nostre comunità partano per qualche mese, o anche per uno o due anni, per condividere la vita in un’altra comunità della Congregazione. Sarebbe positivo aprire tali scambi tra comunità extraeuropee? Vediamo ad esempio che nei nostri paesi ci sono molti filippini (arrivano per lavorare), sarebbe bello che potessero trovare dei filippini anche nelle nostre comunità?
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Abbiamo sperimentato quanto ci abbia unito la fase di conoscenza e di contatto reciproco, e quanto sia stato fruttuoso costruire la nostra Congregazione, scrivere insieme le Costituzioni, ampie quanto più possibile per essere rispettose della specificità di ciascuna comunità. Sentiamo veramente che la creatività viene dalla nostra diversità e che cercare di raggiungere l’uniformità avrebbe distrutto la vita.
Madre Maoro Sye, priora generale delle Suore Missionarie Benedettine di Tutzing
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Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
– Lo spostamento dei centri di vitalità della nostra Congregazione dall’Europa/Nord America verso l’Asia e l’Africa: è necessario un sostegno, ci sono ponti da costruire tra le missionarie internazionali e le dirigenti locali.
– Siamo attente alla buona formazione per le formatrici, le econome e le responsabili.
– Ci sono comunità che invecchiano in Europa, in America e talvolta anche in Asia, e allo stesso tempo ci sono comunità molto giovani in Africa.
– La mancanza di “persone-risorsa” ci preoccupa.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
– L’interculturalità nei contesti molto diversificati della Congregazione.
– Vivere come benedettine e come missionarie.
– Il rinnovamento del nostro carisma in una prospettiva di unità della Congregazione: incoraggiare la condivisione tra priorati, la condivisione di “persone-risorsa” tra i nostri priorati e le realtà di un altro Paese, anche tra le giovani professe.
– Incontri locali e incontri internazionali (incontro delle priore, settimane internazionali di incontro, incontro internazionale degli economi, incontro internazionale dei formatori, programma internazionale degli junior, programma di rinnovamento missionario nel nostro primo paese di missione).
– Laboratori di approfondimento durante le visite canoniche.
– Sostenere le comunità fragili nelle diverse regioni visitate dai membri della Casa generalizia.
– Visite frequenti delle comunità da parte dei membri della Casa generalizia e accompagnamento online.
– Impegnarsi per l’invio regolare di missionarie a lungo e a breve termine.
– Condividere delle risorse spirituali (ad esem-pio: conferenza mensile).
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
– Continuare a pubblicare materiale per la formazione e la vita comunitaria.
– Continuare il finanziamento degli incontri regionali (BEAO, Cimbra, seminario RB a Tagaytay - Filippine).
– Sovvenzionare gli studi delle suore giovani in modo che possano diventare “persone risorsa” in futuro.
– Sovvenzionare gli incontri internazionali e di formazione permanente.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
– Il programma internazionale per le giovani professe a Roma (le giovani suore di diversi priorati sono invitate a partecipare a un programma della durata di un anno durante il quale vivono, lavorano, pregano e studiano insieme in vista di una formazione interculturale).
– L’incontro delle priore, l’incontro delle formatrici e i laboratori di visita canonica in modo sinodale: dove il dialogo spirituale ci ha riunito, unite nella diversità, mentre facevamo esperienza dello Spirito Santo.
Suor Asha Thayyil, presidente della Congregazione di Santa Lioba (India)
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Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
Noi, suore benedettine di Santa Lioba, formiamo una congregazione di donne consacrate, radicate in Cristo e impegnate per il benessere dell’umanità, in particolare dei poveri, degli oppressi e degli emarginati della società.
Le maggiori preoccupazioni della nostra Congregazione sono quelle di impiegare al meglio le nostre capacità e di attrezzarci per affrontare le diverse sfide della nostra missione. Il futuro della nostra Congregazione dipende dalla sinodalità che prima di tutto comprende tutti i membri, i nostri collaboratori, poi si rivolge a tutti i membri della società. Dobbiamo essere pronti a leggere e a comprendere i segni dei tempi e a operare con coraggio i cambiamenti necessari nella nostra vita personale, comunitaria e apostolica.
In un autentico spirito di sinodalità, mettiamo da parte i nostri pregiudizi, preferenze o interessi personali, se presenti, e camminiamo insieme cercando l’unità nella diversità. Come san Benedetto, ascoltiamo la voce di Dio e pianifichiamo un programma non solo a breve ma a lungo termine, affinché ci sia durata quanto alla continuità e all’utilità di ciò che progettiamo e facciamo.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
Penso che le nostre priorità siano le seguenti:
– Praticare quotidianamente la contemplazione a cominciare dalla chiamata alla vita consacrata concentrandosi sui diversi apostolati.
– Migliorare le conoscenze e le competenze attraverso la lettura di libri e la conoscenza di persone e luoghi.
– Prestare la massima attenzione allo sviluppo delle risorse umane dei membri delle comunità attraverso programmi differenti di formazione all’interno e all’esterno della Congregazione.
– Creare istituti di insegnamento e centri di lavoro sociale formando le giovani a diventare delle leader illuminate dotate di etica e di sensibilità verso la società.
– Fornire una formazione aggiornata a chi opera nel mondo della sanità e dell’apostolato sociale. Formare un maggior numero di persone per questi ambiti.
– Cooperare con altri gruppi nei diversi campi di apostolato, nel rispetto reciproco e nella collaborazione.
– Utilizzare le risorse umane ottimali in base alle attitudini e alle qualifiche di ciascuna persona.
– Formare le sorelle con la migliore educazione e sviluppare le loro conoscenze e abilità con atteggiamento positivo.
– Poiché abbiamo investito il massimo delle risorse nel lavoro educativo, dobbiamo concentrarci il più possibile sulla qualità dell’istruzione e sulla formazione completa degli studenti che ci vengono affidati. La nostra priorità deve essere data alla costruzione della nazione, senza fissarci sul solo guadagno economico.
– Tutte le politiche che formuliamo devono essere dirette al maggior interesse di ogni membro della Congregazione e dell’apostolato.
– Nella fase iniziale, ci concentreremo sull’acquisizione di conoscenze dirette sulla vita e la missione delle nostre comunità, sull’apprendimento delle relazioni interpersonali tra i membri e sulla preparazione di un sistema di sostegno per creare legami più forti.
– Per il funzionamento efficiente dell’istituzione, i direttori e le direttrici degli istituti devono disporre di tempo sufficiente per stabilire delle autentiche relazioni con la popolazione del luogo. La stabilità dei membri nella comunità è un fattore determinante per il rafforzamento dell’istituzione. Dobbiamo effettuare il minor numero di trasferimenti possibile. Sarà tuttavia reso obbligatorio un sistema di valutazione regolare della trasparenza e della partecipazione di tutti i membri. Le istituzioni educative, sociali e sanitarie dovrebbero essere pioniere in tutti gli ambiti.
– È importante evitare le incentivazioni degli editori per pubblicizzare i nostri istituti in materia di visite e di alloggio. Ogni volta che dobbiamo partecipare a un incontro o a un seminario in luoghi lontani, è importante pagare le quote delle rispettive istituzioni e difendere così la nostra dignità e il nostro onore.
– Le nostre case e le nostre istituzioni religiose devono essere centri di dialogo e di condivisione. Pertanto, devono essere luoghi in cui le persone possono avvicinare le suore per ricevere consiglio e sostegno. Le nostre infrastrutture devono essere al servizio della qualità umana.
– È imperativo studiare il diritto canonico e civile di ciascuna delle nostre istituzioni. Ad esempio: registrazione di società in Stati diversi, corretta contabilità, contratti con una diocesi o un’altra congregazione religiosa, gestione dei conflitti di proprietà, ecc.
– Il Capitolo è un organo decisionale e il Consiglio è l’organo esecutivo. Pertanto, le consigliere hanno una maggiore capacità esecutiva. Elaborano un piano d’azione in una forma ben definita per un anno, e viene approvato un budget per ogni opera di apostolato assegnata alle sorelle.
– C’è un’équipe guidata da una consigliera per ogni ministero, per il buon funzionamento ed efficacia dell’apostolato.
– Proponiamo una valutazione annuale delle differenti opere di apostolato di tutte le nostre istituzioni. Così pure, una valutazione libera e franca del lavoro della priora e dell’équipe delle responsabili per valutare le prestazioni dei membri della Congregazione. Una critica costruttiva è necessaria alla nostra crescita.
– La valutazione deve essere condotta con spirito buono e sulla base della visione degli obiettivi e delle messe in opera. Non dovrebbe esserci alcuno spazio per le critiche negative e i pettegolezzi. Questo consentirebbe alle suore di analizzare la situazione e di dare con coraggio e fiducia il loro contributo mediante suggerimenti, opinioni e confronti.
– L’espansione della missione non è la priorità attuale. Il nostro obiettivo è rafforzare ciò che già esiste.
– Non dobbiamo lasciarci prendere dall’illusione di lanciare missioni all’estero per una preoccupazione di autosufficienza. Se le risorse umane vengono utilizzate correttamente e inserite nelle nostre istituzioni, gli stipendi saranno sufficienti per le nostre esigenze. Ciò migliora la qualità del servizio e l’immagine positiva delle nostre istituzioni.
– Le nostre sorelle anziane sono una grande risorsa per la Congregazione. È bene usare la loro competenza ed esperienza per arricchire la generazione più giovane della Congregazione. Cresceranno con l’intuizione originale della Congregazione scambiandosi informazioni a vicenda.
– Conflitti e differenze sono inevitabili nella vita comunitaria e nell’apostolato. Questi problemi dovrebbero essere risolti tra gli stessi membri della comunità, invece di chiedere all’équipe direttiva di risolverli. Sarebbe una pratica sana formare un’équipe che abbia capacità innate e acquisite per risolvere queste situazioni e rispondere alle lamentele che possono sorgere in qualsiasi momento.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
Ecco, a titolo di esempio, due necessità urgenti, in ordine di priorità:
– Una borsa di studio per due monache per poter partecipare alla formazione permanente a Roma.
– Una casa per le suore in una regione lontana.
Per favore, fate tutto quello che potete. La vostra risposta significherà più di quanto possiate immaginare per le nostre famiglie monastiche in India.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
La gratitudine e la riconoscenza sono al cuore di ogni relazione autentica. Lo stesso vale per i rapporti con l’AIM. Siamo sempre grate per l’importante e gradita assistenza che con discernimento ci fornite quando vi presentiamo delle richieste. Dio benedica tutti i vostri sforzi.
Madre Cecile A. Lañas, presidente della Congregazione delle Suore Benedettine del Re Eucaristico (Benedictine Sisters of Eucharistic King)

Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
– La formazione delle novizie e la formazione permanente delle professe perpetue,
– l’accompagnamento delle suore malate e anziane,
– la promozione delle vocazioni attraverso i social,
– le riparazioni degli edifici.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
Le nostre priorità sono appunto quanto detto qui sopra.
Per la formazione, abbiamo fatto del nostro meglio per usufrui-re di webinar gratuiti e di altri seminari e conferenze online gratuiti. Alcune delle nostre sorelle più giovani hanno studiato online, ma noi abbiamo fatto domanda per programmi di borse di studio. Alcuni sono stati concessi, altri no.
Per la cura e l’accompagnamento delle suore malate utilizziamo i soldi che provengono dalla pensione della Previdenza Sociale, ma è troppo poco. Per questo le nostre suore che si trovano all’estero forniscono un sussidio: purtroppo una delle nostre missioni (Jakobsberg) ha dovuto chiudere.
Anche per la promozione delle vocazioni, ci troviamo, come ogni altra congregazione, di fronte a difficoltà. Abbiamo provato ad affrontare questo problema attraverso i social media, ma non siamo in grado di sostenere questo sforzo.
Per le riparazioni degli edifici cerchiamo aiuto da fonti esterne perché non possiamo davvero fare affidamento sulle nostre risorse.
Alcune delle nostre suore ancora capaci vengono inviate in missione nelle parrocchie, nelle scuole e nelle diocesi, ma ricevono compensi molto esigui. Contiamo sempre sulla provvidenza di Dio.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
L’AIM può aiutarci economicamente, soprattutto per la formazione e anche per la promozione delle vocazioni. I nostri edifici necessitano di riparazioni. Per le nostre sorelle malate e anziane abbiamo ristrutturato una parte dell’edificio del noviziato per adibirla a infermeria.
Siamo grate anche per i libri che ci sono stati inviati dall’AIM e per tutti gli altri aiuti che abbiamo ricevuto.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Quando la pandemia di Covid 19 era al suo apice, abbiamo cercato di radunarci come comunità attraverso i social. Abbiamo utilizzato la piattaforma Zoom per vedere, valutare e condividere la nostra vita monastica e la nostra missione nelle diverse case e zone di destinazione. Abbiamo delle grandi comunità qui nelle Filippine. Abbiamo una comunità in Israele, una in Germania (che purtroppo deve chiudere) e anche una casa di formazione a Nangahure, in Indonesia. Ogni comunità ha condiviso le proprie esperienze, benedizioni e sfide attraverso delle presentazioni video. Attraverso questo incontrarci online, ciascuna ha sentito il bisogno di rinnovamento e di fraternità. Abbiamo anche sentito il bisogno di fare una campagna vocazionale. È stata un’esperienza unica e molto arricchente.
Suor Jeanne Weber, presidente della Congregazione di Santa Gertrude (USA)

Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
I nostri membri stanno invecchiando e diminuendo di numero. Attiriamo pochissime vocazioni, e si tratta generalmente di donne non giovani.
Diminuisce il numero delle monache capaci di guidare un monastero e la Congregazione.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
– Incoraggiare i membri a crescere continuamente nello stile di vita monastica di fronte alle sfide sopra menzionate. Sostenendo le priore nella guida pastorale delle loro comunità monastiche.
– Aiutare le sorelle a elaborare e integrare il dispiacere che vivono a motivo di così tante perdite. In alcuni casi, abbiamo per questo incoraggiato le comunità a lavorare con terapisti che si occupano di salute mentale.
– Ci siamo rese conto che è troppo duro per le suore vedere i loro monasteri sciolti e i membri trasferiti, quando non c’è più altra scelta. In molti casi questo implica una dispersione della comunità e una separazione di diverse centinaia e anche migliaia di chilometri tra le sorelle. Inoltre, non abbiamo abbastanza monasteri con membri giovani per accogliere tutte queste suore. Stiamo quindi ristrutturando la governance di queste comunità monastiche sul piano civile e canonico, e sviluppando strutture per prenderci cura di ogni membro, fino alla morte dell’ultima sorella. Ciò consente loro di continuare a vivere insieme nel loro monastero di origine, o quanto meno vicino.
– Far fronte alla crisi della leadership. Poiché i monasteri non hanno più la loro autonomia, non potremo più nominare amministratori residenziali a tempo pieno. Invece di questo, una sorella lo farà part-time, dal proprio monastero, o anche una stessa sorella si vedrà assegnare più monasteri. Incoraggiamo i monasteri a pianificare questo futuro prendendo decisioni che alleggeriscano le incombenze della leadership. Dobbiamo affrontare questo problema a livello della Congregazione monastica.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
Non è stata data risposta.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Una delle nostre comunità monastiche ha recentemente chiesto alla Presidente e al Consiglio della Congregazione di sospendere la sua governance monastica regolare e di nominare un Commissario. Queste suore hanno perso la loro priora, morta improvvisamente nel 2020, e non avevano nessun’altra che potesse essere eletta. Prima e dopo quel momento hanno affrontato con coraggio la situazione in cui si sono trovate. Hanno lavorato con un amministratore canonico nominato dalla Congregazione per vendere i loro beni rimanenti, chiudere le attività apostoliche e prendere disposizioni per la loro personale assistenza a lungo termine. Continuano a vivere la vita monastica in una parte del loro monastero, mentre la diocesi locale, che ha acquistato i loro edifici e terreni, utilizza il resto per gli uffici diocesani e per un centro di ritiri. Ammiro molto queste sorelle per il modo in cui hanno risposto alle sfide e ai cambiamenti che hanno dovuto affrontare.
Suor Patty Fawkner, presidente emerita della Congregazione delle Suore del Buon Samaritano (Sisters of Good Samaritan, Australia)
Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
La nostra Congregazione – Suore del Buon Samaritano dell’Ordine di San Benedetto – è stata la prima congregazione fondata in Australia nel 1857 dal primo vescovo dell’Australia, il benedettino inglese John Bede Polding. Ora abbiamo comunità in Australia, Giappone, Filippine e Kiribati. Le nostre novizie provengono dalle Filippine e soprattutto dal Kiribati. Le sorelle australiane stanno invecchiando e diminuendo di numero. La direzione della Congregazione nel futuro è per noi un problema importante.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
– Come fare per rimanere focalizzate sulla missione mentre le risorse umane diminuiscono. È uno dei temi centrali del Capitolo di quest’anno. Esaminiamo i segni dei tempi nel nostro mondo e il modo in cui possiamo realisticamente rispondervi, tenendo conto delle nostre risorse.
– Problemi di leadership e di governance. Abbiamo impiegato del personale laico qualificato e fidato per condividere la maggior dell’AIMparte delle responsabilità dell’amministrazione pratica. Da sempre siamo impegnate nella formazione permanente.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
È sempre utile essere in rete, soprattutto quando condividiamo molti degli stessi problemi, ad esempio il modo in cui rimanere incentrati sulla missione tenendo conto dei limiti delle nostre esperienze umane e finanziarie.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Abbiamo una lunga tradizione nel campo dell’istruzione, dalla scuola materna alle superiori. Abbiamo anche una lunga tradizione di direzione e di accompagnamento spirituale. Abbiamo sempre avuto come priorità la promozione della donna.
Man mano che le suore invecchiano, la stragrande maggioranza non può più essere assunta come insegnante. Abbiamo ideato il programma di studio e mentoring del Buon Samaritano (SAM) attraverso il quale forniamo un sostegno finanziario alle donne laiche mature che desiderano studiare teologia o educazione religiosa. Il programma prevede anche una componente di direzione spirituale e mentoring. Il nostro programma SAM è giunto al terzo anno e si è rivelato molto fruttuoso. Abbiamo contattato delle congregazioni religiose maschili chiedendo di offrire contributi finanziari per questo programma e sono state molto generose.
Dom Jeremias Schroeder, presidente della Congregazione di Sant’Ottilia
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Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
– Quattro comunità fragili,
– la leadership debole in diversi monasteri,
– il clima di frustrazione e di stanchezza in alcune case europee,
– l’egocentrismo di alcune comunità.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
– Mantenere l’unità e la coesione: sviluppare nuovi mezzi di comunicazione e di scambio, rendendo la Congregazione una realtà tangibile in tutte le comunità.
– Rafforzare il senso della missione: incoraggiare la nomina di operatori di missione locali. Privilegiare i progetti che sono un’espressione della missione.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
L’AIM può aiutarci ricordando alla nostra Congregazione che facciamo parte di una rete sempre più ampia: la Confederazione e la Famiglia monastica benedettina/cistercense.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Ho apprezzato le mie recenti interazioni con i due Abati generali e con la Moderatrice della CIB. Vedo una reale opportunità di collaborazione globale.
Dom Johannes Perkmann, presidente della Congregazione austriaca
Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
– Collaborazione nella formazione.
– Miglioramento del Collegio San Benedetto.
– Progetti per la messa in opera della Laudato Si’.
– Preparazione del Giubileo della Congregazione.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
– Trasmettere i nostri valori e le nostre abitudini spirituali alla generazione successiva.
– Pubblicazioni, seminari, accoglienza.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
Scambi e incontri internazionali.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Il processo di messa in opera della Laudato Si’.
Dom Franziskus Berzdorf, presidente della congregazione di Beuron

Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
La principale preoccupazione è la mancanza di giovani nei nostri monasteri. Questo vale sia per i monasteri maschili che per quelli femminili (siamo una congregazione mista). I novizi di tutti i monasteri partecipano alle settimane di formazione organizzate dall’associazione delle monache benedettine della Germania. La monaca responsabile è di uno dei nostri monasteri. L’esperienza è buona.
La maggior parte delle comunità sta attualmente valutando in che modo una parte dei loro edifici, di cui non hanno più bisogno, potrebbe essere utilizzata da altri. Il problema principale è lo stesso che può avere un giovane cristiano nel mondo: come trovare un partner con cui poter vivere bene e che condivida il più possibile la mia visione del mondo?
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
Le priorità di ogni nostro monastero risiedono spesso nella gestione della semplice routine quotidiana; non ci sono le forze necessarie per intraprendere imprese più grandi. Gli organi della Congregazione aiutano i monasteri che lo chiedono, oppure intervengono quando ciò sembri ragionevole o necessario all’Abate presidente e al suo Consiglio. Ad esempio: i monasteri devono fornire ogni anno alcuni dati al Consiglio economico della Congregazione. A seconda dell’evoluzione della situazione, il Consiglio può attirare l’attenzione su pericoli finanziari in tempi relativamente brevi.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
I monasteri della Congregazione di Beuron non sono ricchi rispetto agli standard europei, ma hanno (per la maggior parte) un bilancio in pareggio. Alcuni monasteri ricevono aiuti dalle rispettive diocesi. In caso di spese straordinarie, come la ristrutturazione di edifici classificati come beni culturali dello Stato, ricevono contributi dallo Stato. Abbiamo sufficienti possibilità per la formazione della prossima generazione, così come per la formazione permanente di monaci e monache. Pertanto non vedo la necessità che l’AIM fornisca assistenza in questo momento.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
La cooperazione tra i monasteri maschili e femminili della Congregazione si è ulteriormente intensificata negli ultimi anni: partecipazione delle monache al Consiglio dell’Abate presidente e alle Commissioni, visitatrici secondarie nei conventi maschili, ecc. Non restano che pochi ostacoli per raggiungere l’uguaglianza. Ostacoli che non sono stati rimossi da Roma nonostante diversi tentativi da parte nostra in tal senso.
Dom Alessandro Barban, priore generale emerito dell’Ordine dei Camaldolesi di san Benedetto

Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
Per quanto concerne le preoccupazioni principali della Congregazione camaldolese, la nostra attenzione si volge verso il futuro del cristianesimo e verso il modo in cui la presenza monastica può rimanere un fermento fecondo nella Chiesa e nel mondo. Temiamo che il monachesimo perda il sapore del suo sale, perda la luce del suo carisma e non sia più significativo nel presente e nel futuro. E il nostro futuro nei decenni a venire ruoterà attorno a tre questioni: la qualità delle relazioni fraterne e umane all’interno delle nostre comunità monastiche, la qualità della lectio divina e della liturgia comunitaria; la qualità dell’accoglienza nelle nostre foresterie. Noi cerchiamo di dare qualità al nostro monachesimo, ma questo slancio richiede una vita spirituale intensa, profonda e piena di senso. Non basta più osservare la Regola, ma occorre riscoprire il senso benedettino della vita cristiana, vivendola in un’esperienza spirituale concreta all’interno delle nostre comunità. Forse dovremo chiudere delle case o forse avremo meno vocazioni, ma non sono questi i nostri veri problemi. La questione sta nella realtà evangelica della nostra vita.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
È necessaria una proposta nuova quanto alla formazione. I giovani oggi non comprendono e non accettano più le nostre gerarchie relazionali e mentali. E non capiscono il nostro linguaggio teologico-spirituale, appartenente agli ultimi due secoli. La formazione monastica deve essere rinnovata e, nella Chiesa, è necessario prevedere un nuovo programma di studi per la teologia. In monastero, prima di preoccuparsi di trasmettere dei contenuti come se fossero nozioni da apprendere concettualmente, l’importante è innanzitutto condividere una scelta di vita. È quindi necessario presentare concretamente lo stile di vita monastico fin dai primi giorni in cui il giovane entra nel postulandato e nel noviziato. Le nostre comunità si confrontano oggi con la questione antropologica dei giovani del nostro tempo.
Un altro tema è la questione economica, e di conseguenza l’importanza del lavoro nelle comunità. Non potremo certo garantire di mantenere l’attuale standard borghese.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
L’AIM dovrà contribuire al finanziamento di progetti innovativi di formazione monastica, sia in Europa che in altri continenti, in particolare quelli più poveri. La povertà di oggigiorno non è soltanto economica, ma è soprattutto culturale. I monaci e le monache devono ricevere un’adeguata formazione umana e teologica, altrimenti non comprenderemo più il futuro cammino del mondo. Perderemo il collegamento con la cultura odierna, sempre più scientifica e tecnica. A mio parere, l’AIM deve concentrare i suoi interventi soprattutto sulla formazione. Le nostre comunità cominciano anche ad avere delle difficoltà a mandare i loro giovani nelle scuole teologiche del loro Paese. I costi poi aumentano notevolmente quando si studia all’estero.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
È difficile dire. Le esperienze significative sono diverse. Per quanto ci riguarda, sono tutte incentrate sugli studi da offrire dopo il noviziato. Ad esempio, i nostri giovani tanzaniani vogliono studiare non soltanto la teologia, ma anche l’agricoltura e saper piantare piante e alberi. In Tanzania abbiamo iniziato a piantare una foresta di migliaia di alberi contro la desertificazione, proteggendo e mantenendo le fonti d’acqua. In India, nel nostro ashram di Shantivanam, la preghiera tipica dell’ashram si affianca a nuove attività lavorative che richiedono nuove tecnologie.
Desidero ringraziare l’AIM per tutto ciò che fa a favore delle comunità monastiche che hanno più bisogno di aiuto (non solo economico). La vostra fraternità e la vostra sensibilità nell’ascolto e nel discernimento degli aiuti sono un grande dono.
Dom Benito Rodríguez Vergara, presidente della Congregazione di Cono Sur
Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
Nella nostra Congregazione potrei evidenziare i seguenti aspetti che mi sembrano essere oggi i più attuali poiché riguardano tutte le comunità:
– la tensione tra tradizione ricevuta (identità) e novità.
– Il calo delle vocazioni.
– L’aumento dell’età dei membri delle comunità e la necessità di cure.
– La preoccupazione per i genitori di monaci e monache che invecchiano ed esigono che i loro figli li assistano.
– L’esercizio dell’autorità da parte dell’abate.
– La formazione permanente.
– Il buon uso dei social network in monastero. L’utilizzo e la giusta misura dell’informazione che passa attraverso i media.
– Il dialogo tra la cultura monastica e la cultura del mondo che viene introdotta in monastero in diversi modi. Determinare correttamente i “confini” del nostro recinto, anche nel campo virtuale - internet.
– Il cambiamento climatico è stato fortemente avvertito in alcune parti dei nostri Paesi, colpendo gravemente le economie di alcune delle nostre comunità a causa della mancanza di precipitazioni e dell’eccessivo aumento delle temperature.
– Il contesto ecclesiale, politico e sociale complesso.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
Nella nostra vita benedettina corriamo il rischio di prestare grande attenzione all’ordine materiale delle cose e, di conseguenza, al fatto che anche i membri in formazione “funzionino” bene in tutto ciò che deve essere fatto. Penso che, senza trascurare questo aspetto, si debba dare la priorità al fondare le persone e la comunità sulla Roccia che è Cristo, fedeli a prendere come guida il Vangelo. Non è mai scontato, è una priorità che deve essere costantemente concretizzata. Noi cerchiamo di farlo, anche se ancora in modo molto imperfetto, con le conferenze spirituali settimanali dei diversi membri della comunità, con una giornata mensile di ritiro comunitario, attraverso le letture in refettorio, custodendo un certo livello nelle conversazioni durante le ricreazioni […] e insomma, ovviamente, in tutti gli altri aspetti caratteristici della nostra vita benedettina sottolineati dalla regola di san Benedetto.
Nei valori che prevalgono oggi nella nostra società, percepiamo l’assenza di Dio e, di conseguenza, una certa decadenza dei costumi. La nostra priorità è anche evangelizzare il mondo che arriva al monastero attraverso gli ospiti e le persone che, a vario titolo, sono legate a noi. Penso che la bellezza della nostra vita benedettina sia l’elemento principale che possiamo portare a questa nuova evangelizzazione di cui il mondo oggi ha bisogno. La bellezza di una vita che cerca semplicemente di prendere il Vangelo come guida nelle nostre relazioni con gli altri, in questa cornice di austerità e di armonia che insegna la regola di san Benedetto, e che coloro che si rivolgono a noi apprezzano e valorizzano molto.
Le persone che desiderano entrare nella vita monastica portano con sé situazioni di vita che richiedono una capacità di accoglienza e di sostegno che a volte non siamo in grado di fornire. Occorre aiutare chi riesce a fare un percorso di conoscenza di sé, di guarigione, di riconciliazione. Iniziare il nuovo arrivato a un cammino filiale, quando questa dimensione è spezzata o danneggiata, rappresenta una grande sfida per il formatore, tanto più che a volte il formatore stesso non ha ancora ben risolto tale questione per se stesso. Insomma, è una questione di umiltà e di fede, prima di tutto da parte del formatore, anche quando è disponibile il prezioso aiuto terapeutico dei professionisti. Aiutare a discernere l’autenticità della ricerca di Dio della persona, al di là della sua precaria situazione umana, è oggi una grande esigenza, sia per il formatore che per colui che è in formazione.
Anche l’esercizio della leadership secondo lo spirito della RB costituisce una sfida importante nelle nostre comunità. Chiarire qual è il ruolo dell’abate in una comunità monastica, la sua missione, ciò che il Signore gli ha affidato. Quando l’abate è troppo protagonista, può mantenere una forte coesione nella comunità, cosa che può essere un valore, ma le persone non crescono individualmente, viene meno l’esercizio creativo e gioioso del loro proprio dono, il che nuoce non dell’AIMsolo al singolo ma anche a tutta la comunità. Invece quando l’abate scompare delegando completamente le responsabilità, ogni monaco si sviluppa individualmente, ma si sperimenta una certa atomizzazione, disintegrazione, il monastero funziona bene materialmente, ma la comunione ne soffre. È perciò importante che l’abate sia servo della comunione dei fratelli, permettendo allo stesso tempo che ciascuno possa esercitare il proprio dono mettendolo a servizio della comunità.
In alcune delle nostre piccolissime comunità, composte da tre monaci, si pone la questione di come esercitare la leadership quando nessuno di loro ne ha realmente la capacità. La risposta forse è che in questi casi è necessaria una leadership sinodale più consensuale, che risulti più adeguata.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
Aiutarci a prendere coscienza del modo in cui si vive la vita monastica nel resto del mondo, cioè al di là dell’ambito geografico della nostra Congregazione nel Cono Sud, con le sue difficoltà e anche con i suoi valori. Credo che l’AIM possa aiutarci soprattutto a essere più solidali con i bisogni di altre comunità in altre parti del mondo che magari vivono in contesti ancora più difficili del nostro.
Penso anche che l’AIM possa aiutare economicamente per quanto riguarda la formazione, attraverso le varie iniziative SURCO (incontri, corsi, ritiri), per l’edizione della rivista «Cuadernos Monásticos» e per l’organizzazione e partecipazione all’incontro dell’EMLA.
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Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Credo che l’esperienza più significativa che abbiamo recentemente vissuto come Congregazione sia l’ultimo Capitolo generale celebrato nel maggio 2023. Abbiamo potuto avvertire uno spirito di comunione molto forte tra i partecipanti. Ci siamo resi conto che oggi il fatto che le comunità sono più piccole ci fa apprezzare ancora di più l’essere membra di un corpo, ci fa sentire che facciamo tutti parte di qualcosa di più grande, che ci trascende e che anche ci sostiene. Nella nostra Congregazione la comunione si costruisce nella complementarità delle diversità delle comunità e la percepiamo anche nel rapporto ricco e fraterno che sperimentiamo tra monaci e monache. Considero questa la cosa più significativa che abbiamo vissuto recentemente.
È toccante la solidarietà dimostrata dalle nostre comunità più piccole e fragili verso i bisogni materiali e spirituali dei quartieri in cui si trovano, e si potrebbero citare diversi esempi.
Meritano di essere menzionati anche la creatività, l’efficienza e gli sforzi delle comunità per gestire le proprie economie in contesti nazionali molto complessi.
Dom Markus Eller, presidente della Congregazione bavarese
Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
La maggiore preoccupazione della nostra Congregazione è la mancanza di giovani. Siamo preoccupati anche per gli effetti della crisi del coronavirus. Ne hanno sofferto i settori delle attività alberghiere e di ristorazione.
Una delle conseguenze di questa crisi è la mancanza di personale, per cui questi e altri settori spesso non possono più operare a pieno regime.
Un problema abbastanza grave è il forte aumento dei costi energetici. Questo ci colpisce molto duramente avendo grandi edifici la cui manutenzione è già molto costosa a motivo della conservazione dei monumenti storici.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
Cercare delle opportunità per incontrare dei giovani e permettere loro di vivere con noi per un certo tempo, in modo semplice. Forse la ricerca di possibilità per affrontare i problemi ecologici offre anch’essa un’opportunità di rivolgersi ai giovani: agricoltura ecologica, nuove energie, prodotti regionali.
La Regola di san Benedetto offre certamente approcci per uno stile di vita semplice e alternativo.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
L’AIM potrebbe creare dei contatti con regioni che hanno problemi e sfide simili. Probabilmente le soluzioni non si troveranno al solo livello regionale, locale.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Considerare i problemi come sfide che offrono anche delle opportunità, cercare qualcosa di nuovo e la forza di mollare la presa per dire addio a certe forme.
Dom Giuseppe Casetta, abate generale della Congregazione di Santa Maria di Vallombrosa
Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
– Superare la crisi delle vocazioni monastiche nella nostra Congregazione.
– Risolvere l’instabilità finanziaria dei monasteri.
– Sviluppare la fraternità monastica.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
La mia prima preoccupazione e priorità è quella di sviluppare la fraternità monastica tra i monasteri e i monaci della Congregazione, affinché i monaci possano aiutare altre comunità che mancano di vocazioni monastiche e che si trovano in una situazione economica instabile. Le mie frequenti visite ed esortazioni aiutano i monaci ad avere un solo spirito e un cuor solo.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
Se l’AIM potesse sostenere economicamente le nostre comunità finanziariamente instabili, sarebbe un grande aiuto.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Il grande aiuto fraterno che ci siamo scambiati in occasione di gravi malattie dei confratelli.
Dom Guillermo Arboleda Tamayo, presidente della Congregazione di Subiaco-Montecassino
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Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
La necessità di adattare la nostra legislazione al momento attuale e alla realtà delle nostre comunità. La legislazione attuale corrisponde ancora a un’epoca di espansione, ora viviamo in un’epoca di riduzione.
La “crisi della leadership”, è difficile trovare i superiori per le comunità.
La formazione delle giovani comunità, penso soprattutto alle comunità del Vietnam, che contano molti membri.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
Le priorità sono le stesse sopra elencate. Stiamo ora rivedendo la legislazione per presentare la proposta di riforma al prossimo Capitolo generale.
– Far fronte alla crisi della leadership: in ogni modo, qualcuno per farsi carico delle comunità c’è sempre. Ciò richiede visite, una umile fiducia, sia verso coloro chiamati dalle comunità per guidarle, sia verso le stesse comunità per sostenerle.
– Formazione: offriamo la possibilità ad alcuni membri delle nostre comunità di approfondire la loro formazione, in particolare nei monasteri francesi o a Sant’Anselmo, affinché possano in seguito contribuire alla formazione nelle loro comunità; e incoraggiamo ad approfittare delle opportunità di formazione teologica che già esistono nei Paesi in cui si trovano le comunità stesse. Ma insistiamo anche su una migliore organizzazione della giornata monastica, affinché la lectio divina e lo studio abbiano la priorità.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
Continuare a sostenere i programmi di formazione per regione.
Pianificare qualcosa di specifico per il Vietnam potrebbe essere di grande aiuto.
Continuante inoltre a sostenere alcuni monaci con borse di studio.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Forse la più recente: durante la visita in Vietnam di ottobre, oltre a incontrare una particolare difficoltà a causa delle dimissioni del Visitatore, abbiamo potuto tenere un’assemblea di tutti i superiori dei monasteri, comprese le case dipendenti, con i delegati delle comunità. È stata una giornata particolarmente significativa e con buoni risultati, grazie alla nomina di un Visitatore, dopo un discernimento comune, e soprattutto grazie alla consapevolezza da parte dei partecipanti della necessità di assumersi con maggiore impegno la responsabilità della propria provincia, senza attendere che noi si risolva le cose dall’esterno. È stato possibile stabilire un programma di lavoro congiunto all’interno della Provincia e questo è già un buon inizio.
Dom Geoffroy Kemlin, presidente della Congregazione di Solesmes
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Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
La principale preoccupazione della nostra Congregazione è quella di essere fedele alla propria vocazione monastica in un mondo dai molteplici aspetti e in rapida trasformazione. Cerchiamo di vivere i nostri valori monastici in modo tale da dare una vera testimonianza della nostra fede e della nostra chiamata monastica, ma allo stesso tempo vogliamo essere udibili nella nostra cultura attuale. Nelle culture occidentali, ad esempio, la vita monastica è poco conosciuta e, quando lo è, a molti giovani sembra una vita su un altro pianeta, anche quando sono cattolici. Avendo la nostra Congregazione monasteri in Africa e nelle Antille, dovrebbe essere più facile allargare i nostri orizzonti al di là del mondo occidentale ed evitare una comprensione troppo occidentale di tutto. Una delle nostre altre preoccupazioni è il calo del numero di monaci in diverse comunità.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
Le mie priorità ruotano attorno all’unità delle comunità, vivendo in modo più sinodale, e all’unità della nostra Congregazione in cui si possono trovare numerose opzioni differenti. Cerchiamo di mettere in pratica il fatto che le differenze non sono una minaccia ma arricchiscono ogni membro della comunità e della Congregazione. Penso anche che i superiori dovrebbero essere formati meglio per un servizio che non è facile. Ormai vengono offerti programmi molto interessanti.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
L’AIM ci aiuta a tenere presente che la civiltà occidentale non è la sola e che ci sono luoghi nel mondo in cui la vita monastica è fiorente e risponde alle aspirazioni spirituali di molte persone. L’AIM è anche un luogo dove lo scambio di doni è molto presente. I monasteri del mondo emergente hanno molto da offrire, come luoghi pieni di vita con maniere acculturate di vivere la vita monastica... L’AIM si pone anche come possibile mezzo di aiuto materiale per le nostre comunità del mondo emergente. L’AIM può creare reti. Potrebbe aiutare anche realizzando un audit finanziario, e sostenendo un progetto concreto in questa o quella comunità: costruire un porcile o un pollaio. Forse anche offrire borse di studio, in particolare per la formazione di futuri formatori, o per avviare programmi di formazione a livello locale. È quanto si sta già facendo e vorrei che potesse continuare.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Essendo abate da poco, non sono ancora stato in Africa di persona. Un monaco della nostra comunità, durante un recente soggiorno a Séguéya, in Guinea Conakry, ha riferito alla comunità quanto fosse gioiosa la vita monastica lì, anche in uno stato di vera povertà per il Paese e per la comunità. È l’ultima fondazione della nostra Congregazione. Il Paese in cui vivono manca di infrastrutture, come i mezzi di comunicazione (strade), l’assistenza medica... Ma la piccola comunità mantiene un alto livello di vita liturgica, con la liturgia ispirata da Keur Moussa, e vi regna un profondo spirito dell’AIMdi fraternità. La formazione non è facile e, soprattutto a causa della mancanza di infrastrutture, l’economia è molto fragile; perciò, hanno bisogno del sostegno dei monasteri della nostra Congregazione per completare la costruzione del monastero definitivo.
Dom Christopher Jamison, Presidente della Congregazione benedettina inglese (English Benedictine Congregation, EBC)
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Quali sono le principali preoccupazioni della vostra Congregazione in questo momento?
Come tante congregazioni all’interno della Confederazione benedettina, una delle principali preoccupazioni della EBC è attualmente il calo del numero di vocazioni e l’invecchiamento di molte delle nostre comunità. Questi due fattori conferiscono una certa fragilità a numerose comunità di monaci e monache, e ciò solleva questioni di sostenibilità.
A ciò si aggiungono le attuali sfide economiche e la necessità di cercare in modo creativo delle fonti di reddito.
Un’altra preoccupazione, sebbene abbia una dimensione positiva, riguarda la natura del nostro apostolato nei monasteri maschili, per l’avvenire, e il modo in cui possiamo rispondere al meglio ai bisogni della Chiesa nel suo insieme.
Una preoccupazione chiaramente positiva è capire come integrare al meglio i monasteri femminili da poco tempo raggruppati, che hanno dato una sensazione di nuova vita, in particolare, ai monasteri delle monache. Ciò comporta una sfida poiché devono lavorare insieme per creare delle nuove Costituzioni che esprimano la loro visione comune della vita monastica.
L’EBC si trova quindi in un appassionante momento di transizione poiché rinnova il suo senso comune della missione e trova nuovi modi per essere uno strumento dinamico per l’evangelizzazione.
Secondo lei, quali sono le vostre priorità? Come le gestite?
Come accennato nella risposta precedente, le priorità dell’EBC sono:
– rafforzare e, se necessario, consolidare la nostra presenza monastica negli otto Paesi in cui siamo presenti. Creare delle autentiche comunità di fede e di fraternità.
– Riscoprire un rinnovato senso della missione e una visione comune della vita monastica che ci permetta di essere strumento di evangelizzazione.
– Crescere nella nostra comprensione della comunione, sia all’interno di ciascun monastero che come Congregazione composta di uomini e donne di diverse culture e lingue. Questa internazionalità e questa diversità sono un dono che dobbiamo esplorare e coltivare.
– Guardare con coraggio dove potrebbe essere necessario chiudere dei monasteri e fondere, così da poter diventare più forti ed essere più efficaci per attirare vocazioni.
– Guardare in modo nuovo la maniera in cui si svolgono le visite canoniche perché diventino un momento importante per ogni comunità.
Il nostro recente Capitolo generale è stato un momento di grazia e di crescita verso una maggiore partecipazione in seno alla Congregazione. Sono state create sei commissioni per esaminare gli ambiti chiave del rinnovamento e per continuare e facilitare la discussione:
– un possibile periodo di formazione condivisa.
– Il modo in cui eleggiamo l’Abate presidente e come il suo Consiglio allargato può riflettere l’internazionalità e la diversità all’interno della Congregazione.
– Prendere sul serio la formazione permanente dei nostri monaci e monache, soprattutto per quanto concerne la formazione umana.
– Revisionare le Costituzioni delle monache per riflettere la storia e le tradizioni delle comunità recentemente raggruppate.
– Esaminare la questione dell’internazionalità e il modo in cui possiamo rispettare e utilizzare le diverse culture che compongono l’EBC.
– Un riesame su come rendere le visite canoniche un’esperienza vivificante e rinnovatrice.
In che modo l’AIM può fornirvi un aiuto pratico?
Il Bollettino fornisce una ricca risorsa di articoli che rivelano come il carisma del monachesimo è vissuto in molte parti diverse del mondo. L’AIM può essere un vero ponte tra i monasteri dei Paesi in via di sviluppo, che stanno esplorando modi nuovi e creativi di vivere la Regola, e i monasteri consolidati in Europa e Nord America, ecc. Si tratta di un dialogo importante di ascolto e apprendimento reciproco. L’AIM ha l’importante missione di riunire queste diverse voci ed esperienze. Forse potrebbe prendere in considerazione un raduno intercontinentale di monaci per condividere preoccupazioni comuni e crescere nella comunione.
Quale recente esperienza significativa può condividere con noi?
Il modo fruttuoso in cui la pandemia da Coronavirus ha portato a un rafforzamento dei legami all’interno dell’EBC è stata un’esperienza significativa. I periodi prolungati di lockdown hanno portato ad apprezzare la vita in comunità e al dialogo attraverso dei webinar che hanno alimentato un reale senso di impegno intellettuale e fraterno. La pandemia di Covid ha causato anche il rinvio del nostro Capitolo generale, cosa che ci ha dato una meravigliosa opportunità per entrare in un processo di preparazione che ha coinvolto ogni comunità, così come tutti i capitolari. Lo stesso Capitolo generale è stato un momento di autentica sinodalità, di ascolto fraterno che si è tradotto nella creazione di sei commissioni per approfondire il dibattito. L’esperienza di questo Capitolo generale ci ha già spinto a iniziare a sognare il futuro e ad accettare la sfida di trasformare i nostri sogni in realtà. L’immobilità non è un’opzione, dunque le nostre preoccupazioni diventano il motore per procedere speditamente.
Qualche elemento di sintesi delle risposte al questionario dell’AIM
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Prospettive
Équipe internazionale dell’AIM
Qualche elemento di sintesi
delle risposte al questionario dell’AIM
Ecco alcuni aspetti importanti a partire dalle risposte al questionario dell’AIM:
Questioni principali
− Il significato della vita monastica nel mondo contemporaneo: come tradurre e trasmettere i valori della vita monastica alle nuove generazioni?
− Leadership e formazione: il problema di trovare persone adatte per questi servizi nelle nostre comunità.
− La mancanza di vocazioni, il rallentamento delle fondazioni e il numero crescente di monasteri che vengono chiusi.
− La necessità di radicare la vita monastica nella Parola di Dio e nella tradizione monastica e la condivisione dell’esperienza umana e spirituale.
− Come uscire dalla dicotomia, talvolta addirittura divisione, tra i membri delle comunità e tra singoli individui e il bene comune?
− La necessità di una seria riflessione su come è vissuta la vita monastica nell’emisfero settentrionale e in quello meridionale e sulle loro relazioni.
− La recezione concreta dell’enciclica Laudato si’ e della logica sinodale volute da papa Francesco.
− La questione dei problemi che sorgono in merito ai legami familiari (genitori anziani e malati, figli unici) in alcune culture locali.
− L’importanza della relazione dei monasteri con la comunità locale e la costruzione di una vita condivisa con dei laici che vogliono associarsi a una comunità monastica.
Le priorità a cui l’AIM può offrire il suo aiuto
− L’esercizio dell’autorità nelle comunità, con la necessità di riflettervi secondo differenti approcci, al fine di sviluppare una comprensione profonda di questo servizio.
− L’aiuto per la formazione a tutti i livelli:
• formazione per i superiori e i formatori (il supporto di associazioni regionali e nazionali deve essere ampliato);
• formazione professionale, soprattutto in riferimento ad attività remunerative;
• formazione alla competenza comunicativa;
• sostegno degli incontri internazionali sulla formazione permanente;
• fornitura di borse di studio per approfondimenti specifici a favore di fratelli dotati all’interno delle comunità;
• Utilizzo e sviluppo dei mezzi concreti di lavoro online, condividendo materiale formativo a livello intellettuale e spirituale.
− Sostegno pratico alle comunità fragili.
− Interrogarsi su come accompagnare i fratelli e le sorelle anziani all’interno delle comunità.
− Essere attenti al reciproco arricchimento tra fratelli giovani e anziani.
− Effettuare una profonda riflessione sull’utilizzo degli edifici in relazione alla vita delle comunità: l’AIM può fornire degli strumenti per la discussione.
− La cooperazione e l’attività lavorativa con dei laici che condividano le responsabilità all’interno del monastero.
− Continuare lo sviluppo del bollettino dell’AIM e delle altre pubblicazioni legate all’AIM.
− L’AIM può aiutare nel promuovere una rete tra le comunità del mondo intero, fornendo un ponte tra il Nord e il Sud come tra l’Est e l’Ovest, incoraggiando e
facilitando gli scambi tra comunità e l’accoglienza dei migranti nelle nostre foresterie.
− Aiutare le comunità a divenire economicamente autosufficienti.
− Aiutare le comunità che vanno verso la chiusura a riflettere sulla propria esperienza e a ipotizzare delle possibilità per loro stesse e i loro membri.
− Favorire gli scambi di monaci e monache per un tempo determinato o in modo più prolungato.
− Incoraggiare l’uguaglianza tra uomini e donne negli Ordini e nelle Congregazioni.
Recenti e importanti esperienze
− Istituzione di nuove congregazioni femminili con tutte le sfide e le opportunità che questo rappresenta.
− Incontri internazionali che si sono svolti a Roma tra giovani professi e professe.
− L’applicazione del metodo sinodale negli incontri tra superiori e tra le comunità.
− Recente collaborazione tra i due Abati generali cistercensi, l’Abate primate e la moderatrice della CIB.
Conclusione
Niente di tutto questo è una novità ma il fatto che i responsabili delle nostre comunità sottolineino l’importanza del ruolo dell’AIM nell’affrontare tutte queste sfide, mostra chiaramente la necessità per l’AIM di sviluppare il proprio servizio e offrire dei mezzi efficaci.
L’AIM continuerà il suo servizio nel finanziamento di ogni genere di progetto, soprattutto quelli legati alla formazione nei monasteri, nelle congregazioni delle varie regioni. Avrà un ruolo sempre più significativo nel cercare di procedere nel miglior modo possibile, al fine di rispondere sempre meglio all’appello di Cristo alla ricerca di operai per il suo Regno. Chiunque siamo, se gli rispondiamo, egli ci inviterà a condividere, nella gioia della fede e dell’amore, l’avvento di un mondo nuovo.
Viaggio in Canada e negli Stati Uniti
4
Notizia
Viaggio in Canada e negli Stati Uniti
Ottobre 2023
Dom Jean-Pierre Longeat, OSB,
Presidente dell'AIM
Articolo non tradotto in italiano. Vedere le traduzioni in altre lingue.
Un tentativo per una visione condivisa
5
Riflessioni
Dom Jeremy Driscoll, OSB
Abate dell'Abbazia di Mount Angel (USA)
Un tentativo per una visione condivisa
La tabella qui a fianco tenta di riassumere visivamente in brevi frasi la visione su come organizzare la vita di una comunità monastica.
L’intera visione è radicata nel motto: «Cercate le cose di lassù». Questo versetto di Colossesi (3,1) dovrebbe evocare l’intero passaggio che san Paolo sviluppa sulla base di questa esortazione. Colossesi 3,1-17 è la prospettiva che possiamo seguire, enunciata in termini biblici con l’autorità dei Libri Sacri. Alcuni versetti possono essere compresi in relazione alla conversione monastica: «Fate morire ciò che appartiene alla terra» (Col 3,5), facendo poi riferimento a un elenco di virtù e pratiche che la vita monastica comunitaria cerca di sviluppare (Col 3,12-17).
Questa visione scritturistica è suddivisa in cinque pilastri, ognuno dei quali esplicita un campo particolare di quella che può essere descritta come “la via monastica e il cammino che l’Abbazia di Mount Angel cerca di vivere”. Essere un monastero ci stabilisce in una particolare forma di vita religiosa in seno alla Chiesa, profondamente radicata in tradizioni che devono costantemente formarci. Ma esistono molti stili e numerosi approcci nella via monastica. Nel corso della sua storia, Mount Angel ha fissato il proprio stile e le proprie tradizioni all’interno della vita monastica. Queste due dimensioni del nostro ricco passato ci guidano nel presente e nel nostro avanzare verso il futuro. Non siamo tenuti semplicemente a ripetere il passato, ma tutte le nuove azioni e decisioni che prendiamo per il presente e per il futuro devono situarsi in una continuità intelligente, consapevole e ponderata con il passato.
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Primo pilastro: «Chiarezza sul come e sul perché»
Il carattere unico della via monastica si radica profondamente solo se viene proposto ad alta voce, regolarmente, e se viene costantemente approfondito attraverso lo studio delle fonti monastiche. Credo che questo costituisca una delle principali responsabilità dell’abate. Sotto questo pilastro possiamo raggruppare diversi modi concreti di vivere questa chiarezza del come e del perché nelle nostre comunità. Se non prestiamo attenzione a questo pilastro, rischiamo di essere una comunità di conviventi senza nulla di specificamente monastico. Le voci poste sotto ogni pilastro devono essere fluide nella loro formulazione: possiamo spuntare gli elementi man mano che gli obiettivi vengono raggiunti.
Secondo pilastro: «Insieme»
Questo sottolinea il valore e la forza del monachesimo cenobitico nella modalità data dalla Regola di san Benedetto. In tutta la Regola, Benedetto legifera ed esorta giovani e anziani a pratiche stimolanti per l’intera comunità. Non siamo principalmente individui che vivono insieme nello stesso edificio, ma andiamo verso Dio come corpo collettivo e Dio viene a noi con delle grazie che ci rendono un unico corpo: questo è il nos pariter (tutti insieme) del finale della santa Regola, al capitolo 72. Sotto questo pilastro sono indicati diversi modi di vivere insieme. L’abate e la comunità devono continuamente ricercare i mezzi per rafforzare questi legami comunitari.
Terzo pilastro: «Presenza e guida dell’abate»
San Benedetto attribuisce grande importanza al ruolo dell’abate nella comunità. Questo è spiegato in dettaglio in RB 2 e 64, ma anche in tutta la Regola, per le piccole e le grandi cose. Qui, la comunità sentirà inevitabilmente l’impatto di colui che Dio, attraverso il discernimento della comunità, ha posto nel ruolo di abate. Un particolare abate sarà in grado di fare ciò che i suoi doni e la sua esperienza gli permettono di fare, con inevitabili lacune. Da parte mia, a Mount condivisaAngel, desidererei sviluppare un programma di insegnamento per la comunità su come vivere il Mistero di Cristo e come lasciarsi plasmare dalla tradizione monastica. Voglio trovare il coraggio necessario a stimolare la comunità a una maggiore crescita, e allo stesso tempo creare una certa flessibilità e una certa gioia, dando io stesso il più possibile l’esempio. Sono consapevole che la comunità nel suo insieme ha bisogno della presenza dell’abate nella sua vita quotidiana, e sono cosciente che numerosi monaci, se non tutti, desiderano beneficiare dell’attenzione personale dell’abate. Ammetto di non poter essere presente per tutti quanto vorrei, e sarei lieto di ricevere dalla comunità nuove risorse che mi aiutino a rispondere meglio a questo bisogno.
Quarto pilastro: «Contribuire alla Chiesa nel mondo»
Questo pilastro riconosce come la vita monastica, nel corso della storia della Chiesa, abbia avuto un ruolo particolare che può essere definito come “contributo monastico”. La stessa abbazia di Mount Angel ha avuto il suo impatto nella regione e, di fatto, in tutto il Paese, come pure in diverse parti del mondo. Vedo che la comunità è veramente chiamata a continuare questo contributo per dare energia e significato alla nostra vita insieme. Sotto questo pilastro sono raggruppati il nostro lavoro, in particolare nel seminario, nella biblioteca e nella foresteria; sono anche compresi diversi livelli di coinvolgimento nel lavoro parrocchiale, che è sempre stato indissolubilmente legato alla vita monastica di Mount Angel nel corso della sua storia. Credo che ora ci troviamo in una nuova era in cui la Chiesa si rivolge più che mai a noi per apportare quel particolare contributo monastico in materia di ospitalità, cultura, apprendimento e in un altro stile pastorale e teologico.
Quinto pilastro: “Progredire in questo stile di vita”
La tradizione monastica insiste sul fatto che la nostra vita di fede è un processo che richiede un’attenzione continua e che deve essere incoraggiato. Non c’è mai un punto di arrivo in cui possiamo adagiarci comodamente, dicendo che abbiamo finito. È un pilastro con cui l’abate e i fratelli si incoraggiano reciprocamente per crescere. Ciò significa essere disposti a fare le cose in modo diverso, non solo a essere diversi in quanto tali, ma avere il coraggio di fare le cose in modo diverso insieme, se le circostanze lo richiedono. Ci vogliono saggezza e moderazione per trovare il giusto equilibrio, la giusta misura. Sotto questo pilastro, può guidarci un versetto del capitolo 64 della Regola di san Benedetto: «In modo che i forti desiderino di più e i deboli non si scoraggino».
Vivere in una comunità monastica multiculturale
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Testimonianze
Dom Paul Mark Schwan, OCSO
Abate di New Clairvaux, Vina (Stati Uniti)
Vivere una comunità monastica
multiculturale
Il monastero di Nostra Signora di New Clairvaux, a Vina, California, USA, è situato nella parte settentrionale dello Stato. La nostra comunità monastica, a cui ci si riferisce più spesso con il nome di Vina, riflette la popolazione etnicamente diversificata dello Stato della California, dove nessun gruppo etnico o linguistico costituisce la maggioranza. Siamo tutti minoranze.
Attualmente, la nostra comunità monastica è composta dalle seguenti etnie: vietnamita, singaporiana, canadese, filippina, cinese, ispanica ed euroamericana. Come viviamo la realtà pratica di questa diversità sempre presente nella nostra comunità?
Come comunità trappista-cistercense, la nostra comune chiamata battesimale e la sua particolare espressione vocazionale in una scuola di carità sotto la Regola del nostro Padre san Benedetto, la guida del nostro abate e l’imperativo di essere amanti del luogo, dei fratelli e della Regola sono fattori unificanti essenziali che formano la particolare cultura monastica qui a Vina. Questa trascende necessariamente le culture etno-razziali di origine dei 19 monaci del nostro monastero. Tuttavia, la realtà della vita, della comprensione, dell’accettazione e del rispetto reciproco, già abbastanza impegnativa in un ambiente monoculturale, è ancor più messa alla prova nell’ambiente multiculturale di Vina.
Prima di procedere ulteriormente nell’articolare la mia esperien-za di pastore della nostra comunità monastica multiculturale, vorrei innanzitutto definire la cultura e il mio modo di intendere la vita multiculturale. Offro delle idee tratte da due libri utili: Il cespuglio bruciava ma non era consumato[1] e Dio è il riso[2].
Che cos’è la cultura?
Il concetto non può essere limitato alla razza e/o all’etnia. La cultura è l’insieme di un’esperienza esistenziale. Include necessariamente un sistema di valori, credenze, percezioni, assunti, modelli, costumi e pratiche. Una parte di questo sistema è consapevole, ma molto di più credo sia inconsapevole. Questo sistema culturale è ciò che fornisce la lente attraverso la quale ognuno di noi è in grado di interpretare, valutare e rispondere alla vita e al proprio ambiente. La vita è un grande mistero che a volte può sembrare ostile. Tutti i sistemi culturali sono tentativi di confortare e proteggere una persona, di ridurre l’ansia spiegando le forze che possono minare la famiglia, la comunità, la società e una nazione. Quindi un sistema culturale è quello che aiuta a fornire un’impalcatura di elementi unificanti che costruiscono strutture che tengono insieme un corpo collettivo di persone in modo sicuro.
In una comunità multiculturale, come la nostra, l’unicità delle culture rappresentate nel monastero non può essere distrutta. Per esempio, se un candidato proveniente da fuori degli Stati Uniti si unisce a Vina, non verrà plasmato in un americano, anche se la società più ampia in cui il monastero esiste ha un impatto. No, il candidato viene da noi in risposta vocazionale alla chiamata di Dio a vivere il Vangelo come monaco. Quindi, il candidato entra nella cultura monastica di Vina e viene formato per essere un monaco all’interno del carisma del monachesimo trappista-cistercense.
In questo caso, l’identità del candidato viene mantenuta, mentre allo stesso tempo gli viene insegnato a impegnarsi in un dialogo costruttivo con gli altri. Il rispetto e il sostegno sono fondamentali da parte di tutti i partecipanti. Questo è un criterio fondamentale della formazione monastica in qualsiasi programma di formazione sano. Equilibrare la comunicazione con l’altro e allo stesso tempo riconoscere la propria autentica identità permette a entrambe le parti di imparare l’una dall’altra, di crescere, di cambiare (conversio) e di assumere un’identità, una coesione e uno spirito collettivo (comunio). Questa è la trasformazione evangelica, lo scopo stesso della vita monastica.
Per ricevere un candidato proveniente da una cultura diversa da quella della comunit à di accoglienza, due cose mi sono utili. Uno: conoscere e capire meglio la mia cultura. È un’esperienza illuminante. In secondo luogo, conoscere il più possibile la cultura del candidato da ricevere. Per esempio, ho letto così tanto sulle varie storie e culture rappresentate a Vina che posso ritrovarmi con più conoscenze del candidato sulla sua cultura. Ma, come si è detto sopra, la cultura è molto di più della conoscenza dei fatti, è tutto un modo di vivere profondamente radicato nel proprio spirito.
Gli aspetti della mia cultura sono spesso inconsci e possono emergere a livello cosciente solo attraverso lo studio e la riflessione. E questo fa parte dell’ascesi monastica di crescita nella conoscenza di sé (umiltà). Con un nuovo apprezzamento della mia cultura, mi viene fornito un vocabolario che rende possibili le domande che posso porre al candidato, grazie alle quali egli è in grado di condividere con me la ricchezza di significato che la sua cultura ha per lui, in quanto incontra sia la nostra cultura monastica sia la più ampia cultura americana di cui ora fa parte.
Se l’inglese non è la prima lingua del candidato, è necessario fornire corsi di lingua. La nostra prassi consiste nell’assumere un insegnante qualificato di inglese come seconda lingua che venga al monastero. Le lezioni si tengono di solito più volte alla settimana. La durata del corso varia da uno a due anni, a seconda delle capacità del candidato. Si è dimostrato prezioso, se non essenziale, che in un secondo momento il candidato sia esposto alla cultura americana più ampia. A tal fine, iscriviamo il candidato ai corsi di lingua inglese offerti agli studenti stranieri presso la vicina Università Statale. Il programma universitario ha lo scopo di preparare questi studenti all’ingresso nell’università. Facendo parte di questo programma, i nostri candidati hanno sostenuto l’esame TOFEL per verificare la loro conoscenza dell’inglese. L’esame ha confermato il livello di inglese dei nostri candidati, indicando il loro livello di comprensione che altrimenti non avrebbero avuto.
Abbiamo anche organizzato dei coach linguistici e altri tutor per lavorare con i candidati sulla riduzione dell’accento o per migliorare le capacità di scrittura e lettura. Li abbiamo iscritti a programmi simili disponibili presso la Diocesi di cui facciamo parte.
Una volta emessi i voti temporanei le case dell’OCSO qui negli Stati Uniti offrono a tutti i professi semplici un corso di teologia monastica della durata di due settimane, ospitato ogni volta da un monastero diverso. Questo espone i nostri candidati agli altri monasteri e agli altri professi semplici dell’Ordine qui negli Stati Uniti. Inoltre, dopo i voti solenni c’è l’opportunità di fare studi teologici superiori presso le varie scuole benedettine di teologia, se lo si ritiene utile. Anche questo è utile nell’ambito dell’inculturazione.
Un altro strumento utile utilizzato qui a Vina per costruire una comunità multiculturale è rappresentato dai laboratori sotto la guida di professionisti formati agli scambi multiculturali.
Vivere con una diversità di culture, anche se unite sotto la bandiera di una cultura monastica comune, richiede una continua conversione da parte di tutti i monaci. Innanzitutto bisogna imparare ad accettare l’inglese parlato con una varietà di accenti. Dato l’uso comune dell’inglese nel mondo, dove si parla inglese senza accento? Ogni madrelingua inglese parla con un accento. Chi ha l’accento giusto, il laureato di Oxford o il ragazzo dell’outback australiano, o chi ha un accento intermedio? Tuttavia, la necessità di avere pazienza e di sviluppare la pratica dell’ascolto ravvicinato mentre un testo viene letto in una varietà di accenti è impegnativa e a volte sfocia nella frustrazione. Alcuni fratelli qui a Vina si appellano alla Regola di san Benedetto, sostenendo che solo i lettori in grado di giovare agli uditori dovrebbero essere autorizzati a leggere. Il risultato potrebbe essere che pochi fratelli, se non nessuno, sarebbero disponibili per la lettura pubblica qui a Vina!
Un’altra sfida è: come fare le correzioni? Le culture di tutto il mondo hanno ciascuna un modo particolare di correggere un comportamento inappropriato. San Benedetto ha definito un metodo di correzione, il codice penale, che sarebbe difficile da attuare nella maggior parte se non in tutte le aree del mondo di oggi. Ma è inevitabile che nel monastero si debbano fare delle correzioni. Alcune culture sono più dirette nell’affrontare le correzioni, altre più indirette. L’importante è che quando viene fatta una correzione la persona corretta sia rispettata e che il monaco che la fa sia sensibile a onorare l’altro. Pensate due volte prima di correggere un altro! Un altro aspetto della correzione qui a Vina che a volte viene trascurato è che, per quanto la correzione sia formulata con cura, il fratello che viene corretto potrebbe non capire tutte le parole o non cogliere le sfumature del vocabolario inglese. Il risultato può causare incomprensioni, risentimento e rabbia.
Il valore delle parole in qualsiasi lingua contiene una sovrabbondanza di sfumature. Per chi sta imparando l’inglese, è improbabile che queste sfumature vengano colte. Il madrelingua inglese deve riconoscere che l’altro potrebbe non cogliere queste sfumature. Da qui la necessità di utilizzare un vocabolario di base. In questo processo, il madrelingua può implicitamente pensare che l’altro sia meno intelligente e meno istruito, e può essere accondiscendente e persino sprezzante nei suoi confronti. La necessità per il madrelingua inglese di praticare la pazienza è indispensabile quando il non madrelingua inglese cerca di esprimere esperienze interiori significative, pur non avendo il vocabolario inglese ricco di sfumature per farlo.
Il ruolo del linguaggio del corpo non può mai essere sottovalutato nella comunicazione interpersonale. Qual è la distanza adeguata tra due persone che comunicano tra loro? Nella cultura statunitense, un metro e mezzo è considerato una distanza fisica confortevole tra due persone. Altre culture si aspettano che la distanza fisica sia più vicina o più lontana. In alcune culture, il più giovane tiene la mano del più anziano quando si rivolge a lui per una questione importante. Questo esprime il rispetto e la sottomissione del giovane. Un’altra espressione culturale di rispetto consiste nel fatto che il più giovane cammini dietro il più anziano, mai al suo fianco come un pari. In altre culture si considera appropriato entrare nello studio del superiore senza bussare. In altre culture, invece, quando si riceve il permesso di entrare è opportuno scusarsi prima di entrare.
Collegato al linguaggio del corpo è il posto che il cibo occupa nella nostra comunità monastica. Il cibo, di per sé, racchiude un tesoro di espressione culturale. Ciò che viene preparato, come viene preparato, come viene servito, quando viene servito e come viene consumato sono tutti elementi significativi. Abbiamo un confratello incaricato di supervisionare la cucina, che ordina e controlla la qualità, la quantità e il consumo del cibo, ma diversi confratelli cucinano a turno. Seguendo le linee guida di base del digiuno trappista-cistercense, dell’astinenza e della semplicità, il fratello cuoco del giorno prepara piatti che conosce bene. Per noi significa una varietà di cibo che riflette le culture di origine dei fratelli e che richiede un adattamento della dieta per tutti noi.
Un altro tema da considerare è il fatto che non si sottolineerà mai abbastanza quanto sia importante rispettare e onorare le espressioni culturali dell’altro. Molti dei nostri fratelli provengono dall’Asia orientale. Per loro il capodanno lunare è l’evento celebrativo centrale attorno al quale ruota l’intero anno. È una celebrazione che contiene rituali atemporali di ricordi, storia e identità sia come popolo o famiglia sia come persona. Considerare il capodanno lunare come estraneo e privo di significato all’interno della nostra comunità perché noi americani non lo conosciamo mi sembra fare violenza all’identità altrui. È più che una mancanza di rispetto; afferma implicitamente che ho poco o nulla da imparare da mio fratello. La comunità multiculturale è necessariamente bilaterale, è reciproca. Entrambi riceviamo, diamo e impariamo l’uno dall’altro.
Infine, è importante parlare del ruolo della famiglia e di come si esprime l’ospitalità quando si riceve la famiglia di origine in una comunità multiculturale. La nostra pratica trappista-cistercense rimane rigorosa per quanto riguarda le visite alle famiglie. Ci si aspetta che le nostre famiglie vengano a visitare il monastero. Noi monaci, di norma, non andiamo a visitare le nostre famiglie, anche se ci sono delle eccezioni. Le famiglie dei nostri fratelli provenienti da Paesi all’estero spesso non sono in grado di ottenere i visti, né possono permettersi i costi del viaggio. Abbiamo dovuto fare delle eccezioni per permettere ai fratelli di tornare alle loro case. A questo si collega il coinvolgimento nelle questioni familiari legate alla salute, alla malattia e alle finanze. Il nostro stile di vita cistercense limita il coinvolgimento in queste questioni, ma non è così facile formare i fratelli a questa rinuncia radicale alla famiglia e tanto meno trasmettere questo valore alle famiglie. Occorre fare un attento discernimento su se e come assistere la famiglia quando si presentano questi problemi. Il monaco deve essere ben formato all’ascesi monastica di un sano distacco dalla famiglia. Allo stesso modo è importante che il monastero non venga percepito come una fonte di denaro.
Il cuore umano è complesso e l’amore è un mistero. Né l’uno né l’altro sfuggono alla comprensione, ma non si rivelano facilmente senza rischiare di andare a esplorare il nostro cuore, il nostro amore. Questo viaggio interiore è naturalmente un aspetto cruciale della vocazione monastica. Combinato con la nostra testimonianza monastica multiculturale qui a Vina è, credo, ciò di cui il nostro mondo polarizzato e timoroso ha bisogno.
La grande diversità che la nostra comunità monastica rappresenta è una sfida, ma le ricompense sono maggiori: espandere i miei orizzonti, vedere la vita attraverso una lente diversa, uscire dalla mia ristretta zona di comfort, queste sono alcune delle ricompense che ho ricevuto vivendo in una comunità multiculturale.
[1] Eric H.F. Law, The Bush was Blazing but not Consumed, Chalice Press, 1996.
[2] Masao Takenata, God is Rice, Wipf and Stock Publishers, 2009.
La saga della sala capitolare di Santa Maria de Ovila
7
Arte e liturgia
Dom Thomas X. Davis, ocso
Abate emerito dell'Abbazia di New Clairvaux (Stati Uniti)
La saga della sala capitolare
da Santa Maria de Ovila
Articolo non tradotto in italiano. Vedere le traduzioni in altre lingue.
Suor Judith-Ann Heble
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Grandi figure della vita monastica
Madre Sindaco Hickey, OSB
Badessa di Kylemore (Irlanda)
Suor Judith-Ann Heble,
secondo moderatore della Comunione
Benedettini Internazionali (CIB)
Articolo non tradotto in italiano. Vedere le traduzioni in altre lingue.
Madre Lazare Hélène de Rodorel de Seilhac
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In Memoriam
Suore Benedettine di Saint-Thierry (Francia)
Madre Lazare Hélène de Rodorel de Seilhac
1928-2023
Madre Lazare, professa temporanea al tempo della nascita del Segretariato dell’AIM, ebbe modo di partecipare all’installazione del primo Ufficio dell’AIM dell’allora Presidente, il padre de Floris ed è stata per molti anni membro del Consiglio. Pubblichiamo qui il suo necrologio prima di dare spazio, nel prossimo numero, a un articolo più ampio.
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Nella luce della festa di Cristo Re, la nostra sorella Lazare Hélène de Rodorel de Seilhac è entrata nella Vita il 17 novembre 2023.
Nata il 10 agosto 1928 a Parigi, ha coltivato un grande amore per le sue radici familiari nella zona di Corrèze conservando dei bei ricordi del vissuto con i suoi due fratelli. Dopo una laurea in lettere classiche, entrò nel Priorato di Vanves nel febbraio 1953 ed emise la sua prima professione nel 1956 e quella perpetua il 24 giugno 1961. In monastero insegna latino ed è zelatrice per il noviziato. Nel 1967 difende la sua tesi in latinità cristiana dal titolo: «L’utilizzo della regola di sant’Agostino da parte di Cesario di Arles» che sarà pubblicata nel 1973.
In seguito, anima molte sessioni di Patrologia e sulla Regola di san Benedetto per i monasteri di Francia e dell’Africa francofona. A Jouarre organizza delle sessioni di patristica per formare degli insegnanti per i monasteri femminili. Inoltre, partecipa alle traduzioni in francese basico dei testi monastici e patristici in collaborazione con la saveriana sr. Lydie Rivière.
Sempre per i monasteri femminili francesi anima numerose sessioni di riflessione sul lavoro e l’equilibro della vita monastica. Nel frattempo, diventa priora delegata del monastero di Vanves, nel momento in cui una parte della comunità, con la priora e il noviziato, si stabiliscono a Saint-Thierry con un capitolo unico facente capo alle due comunità.
Nel 1974 arriva a St Thierry dopo che gli ambienti di Vanves vengono affittati. Oltre alla Liturgia e alla sacrestia unitamente ai corsi per le sorelle in formazione, diventa direttrice del laboratorio di stampa alla cui conduzione cerca di far partecipare le sorelle. Aveva il dono di trovare lavoro a tutte le giovani in ricerca vocazionale che passavano in monastero. Continua il suo lavoro intellettuale di ricerca, partecipa al Consiglio dell’AIM come pure alla fondazione dello STIM (formazione teologica per i giovani monaci e monache) e per ben 25 anni assicura i corsi di Patrologia al seminario di Reims.
Nel 2003, all’età di 75 anni, viene eletta priora di Vanves e continua questo servizio fino al 2010 assicurando una continuità di governo, mentre la Congregazione cerca di capire come portare avanti la propria presenza a Vanves. Dopo il Capitolo generale del 2010, un certo numero di sorelle provenienti dalle varie comunità della Congregazione, affluiscono a Vanves e così può tornare a Saint-Thierry mentre la carica di priora viene assunta da madre Marie-Madeleine. L’ultimo periodo della sua vita è segnato da un lavoro redazionale, difficile ma perseverante, per scrivere la storia della nostra Congregazione, di cui ci condivide il frutto in occasione del centenario di fondazione. Il lavoro non è stato terminato, ma se n’è occupata fino alla fine.
Aldilà di tutte le sue responsabilità e delle sue ricerche accademiche, di lei rimane la testimonianza di una sorella che non si è mai “defilata” rimanendo sempre disponibile per ogni servizio in comunità. Ha saputo dialogare con le giovani come con le anziane, nell’ambito familiare e con gli amici e ha accompagnato cordialmente per anni gli oblati della comunità. Sempre sollecita verso le sorelle o gli amici in difficoltà testimoniava con il suo modo di essere ciò che era oggetto del suo insegnamento. Ha sempre creduto nella vita monastica dando sempre fiducia alle più giovani. Da parte sua praticava l’apertura del cuore in modo convinto pur essendo per lei faticoso. Rendiamo grazie a Dio per averci fatto dono di questa sorella. Così scriveva circa il suo necrologio: «Grazie di non scrivere che sono “tornata a Dio”: questo è riservato al Figlio, e Origene ha avuto molti problemi dopo la sua morte proprio per aver creduto nella preesistenza…».